giovedì 4 marzo 2010

L'intervento del Presidente CSI Bergamo Bosio circa le bestemmie nello sport.

"E’ di alcune settimane fa, come molti avranno avuto modo di vedere o leggere, la decisione della Federcalcio italiana di sanzionare l’atleta che bestemmia con l’espulsione dal campo, anche usando la prova televisiva. E’ inutile ribadire che la questione delle bestemmie in campo è un atteggiamento sgradevole ed inappropriato a persone civili, tanto più se fanno parte della nostra Associazione. Facendo mente locale, mi sono ricordato di aver diffusamente trattato dell’argomento lo scorso anno: ed infatti, esattamente un anno fa, grazie ad alcune segnalazioni ricevute da nostri dirigenti, avevamo dibattuto a lungo sul senso di bestemmiare, sulle conseguenze disciplinari e soprattutto di quale fosse la ricaduta educativa che un tale comportamento generasse.Credo, infatti, che proprio questo sia il punto della questione: quali conseguenze provoca, in termini educativi, usare la bestemmia? A chi spetta prendere provvedimenti? E soprattutto, chi si deve fare carico delle ricadute educative?
C’è poi chi, anche se allenatore di Serie A, riesce a far ricadere la responsabilità delle bestemmie in campo sui cattivi arbitraggi: credo che se si fa passare che tutto quello che accade in campo (o nella testa dei giocatori...) sia colpa dell’arbitro, non faremo mai passi decisivi verso una rinnovata cultura dello sport. Ho avuto modo, alcuni giorni fa, in occasione della presentazione in Vaticano della “Clericus Cup” di scambiare alcune battute con il Presidente della Figc, Giancarlo Abete, esprimendogli il mio sostegno, ma ricordandogli allo stesso modo che la sanzione comminata in campo dall’arbitro non può essere l’unico strumento per ovviare a questo comportamento disgustoso.
Credo, infatti, come già altre volte ribadito, che questa “battaglia” si vince o si perde insieme: allenatori, dirigenti, genitori ed, infine, arbitri. Sarebbe controproducente affidare alla sola figura arbitrale il compito di fronteggiare la bestemmia in campo. Se l’arbitro, non fosse sostenuto dall’azione comune di tutti coloro che, fuori e dentro il campo, vivono la gara, sarebbe facilmente compromessa la sua autorevolezza.
Sono convinto che, come per altre vicende, tutto ricada nella sfera propria della sfida educativa che i nostri tempi, sempre più urgentemente, ci impongono di non trascurare e che, purtroppo, si sta trasformando in vera “emergenza educativa”. "

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